19 ottobre 2016

CERANO E IL FALLIMENTO DELLE POLITICHE FOCALIZZATE SU "INTERESSI NAZIONALI".

E' stato pubblicato pochi giorni fa "Carboni ardenti", l'approfondimento mensile della rivista Terre di frontiera , con un reportage dedicato alla centrale Enel Federico II di Brindisi.  
 

L'elenco dei dati, delle emissioni, degli effetti sulla salute e dei danni ambientali fatto nel reportage non serve solo a confermare (qualora ci fossero dubbi) la stretta correlazione tra impatto industriale ed emergenza sanitaria, ma anche ad evidenziare, per l’ennesima volta, il fallimento di una tipologia di sviluppo per lo più imposto, di politiche sbagliate perché focalizzate su “interessi nazionali”.


Tali scelte invece di arricchire il territorio lo hanno sostanzialmente svuotato delle sue potenzialità legate all’agricoltura, alla trasformazione, alla pesca, al turismo, alle piccole attività artigianali e manifatturiere. In un periodo in cui ancora gli effetti nefasti dell’ultima guerra rendevano cocci da raccogliere queste tradizionali attività della nostra terra, l’imposizione di mega impianti industriali ha spazzato via tutto come inutili rottami del passato che dovevano far posto al nuovo, alla modernità, al progresso. Un’occupazione mentale e fisica, tipica delle colonizzazioni. 
Si, perché fisicamente questa ingombrante presenza si è tradotta nell’appropriazione di centinaia di ettari di terreno fertile e di zone ad alto pregio ambientale, un bene comune tolto alla popolazione. Un bene comune stravolto e avvelenato in cambio di un’occupazione che dopo l’euforia della novità e del rassicurante “stipendio fisso” è andata man mano calando fino a superare oggi il 30% di disoccupazione media e una disoccupazione giovanile che va ormai oltre il 50%. Risultato: desertificazione del territorio che ha nell’emigrazione e nella inconsapevole e rassegnata cancellazione dell’identità le maggiori evidenze.
 
E’ in questo contesto che si inseriscono le ultime proposte del governo regionale in merito allo
spostamento del TAP da S.Foca a Brindisi in quanto già “strainquinata” (cit.Emiliano). 

Proposte che vedono ancora una volta Brindisi come il sito dove collocare un’altra opera impattante ed inutile (qui e ovunque considerando tra l’altro che non un solo metro cubo di gas rimarrà sul territorio italiano essendo destinato al nord Europa). Nessun impegno, quindi, a un cambio di paradigma energetico (liberarci dall’uso di fonti fossili) , nessuno sforzo per avviare delle serie bonifiche. Solo una volontà di marginalizzare ulteriormente un territorio escludendolo così definitivamente da un riscatto economico e sociale, usando pretestuosamente l’argomento della conversione a gas della centrale di Cerano, soluzione assolutamente non presa in considerazione da Enel , per ingannare ancora una volta la comunità brindisina. Pur dovendo vivere, nelle nostre tante lotte di questi anni, l’amarezza della carente partecipazione della cittadinanza, riteniamo ingiuste le accuse mosse verso questa città vista come inerte e amorfa. Brindisi a suo modo cerca di uscirne fuori, comincia a rendersi conto degli errori del passato, prova a capirne le conseguenze ma non riesce ancora a vedere prospettive future, ad iniziare con decisione e coraggio un nuovo cammino dovendosi trascinare il macigno della disoccupazione e dei conseguenti ricatti occupazionali ed
una classe amministratrice che le cronache raccontano essere stata corrotta e servile.
E’ di questo servilismo che siamo sicuramente stanchi : enti pubblici, politici e istituzioni locali
grate proprio a quei poteri economici, gli stessi che hanno deviato il nostro sviluppo solo perché elargiscono finta beneficienza e sponsorizzazioni pervadendo sport e cultura . Come si può credere di “compensare” in questo modo la devastazione dell’ambiente, l’avvelenamento dei terreni che dovrebbero nutrirci, l’aria che respiriamo, le tante persone che si ammalano e tante altre che muoiono?
La generazione che ci ha preceduto, per ignoranza o mancanza di informazione o paura del futuro dopo la tragedia della guerra, ha commesso l’errore di accettare ciò che la politica nazionale aveva deciso per questo territorio. Oggi però non ci sono più scuse. Un grado maggiore di istruzione, l’informazione libera sul web, la possibilità di confronto e di acquisizione di esperienze anche lontane, ci dà la possibilità ma anche l’obbligo morale di fare la nostra parte. E noi come comitato No al Carbone, cittadini liberi di questa terra, continueremo a farla. Con le possibilità e i pochi mezzi che abbiamo, ma con la certezza di essere nel giusto. Perché “quando la propria terra è in vendita ribellarsi è la cosa più normale”. 

(questo articolo è pubblicato qui )

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