30 ottobre 2016

ENEL CONDANNATA IN PRIMO GRADO MA NON BASTA. AD ESSERE ACCERTATO DOVRA’ ESSERE IL DISASTRO AMBIENTALE E I DANNI ALLA SALUTE.

Si chiude il primo grado del processo Enel in cui si è dimostrato che le polveri che hanno “sporcato” i terreni e le coltivazioni adiacenti al carbonile e al nastro trasportatore erano effettivamente polveri di carbone. Non era facile dimostrarlo, ed Enel, in questi quattro anni di dibattimenti, ha sempre sostenuto la tesi che la polvere nera ritrovata sulle colture di Cerano non fosse carbone ma altro.
Getto pericoloso di cose e danneggiamento aggravato. Condannati due dirigenti Enel, Calogero Sanfilippo, responsabile della produzione e Antonino Ascione, responsabile dell’unità di business, entrambi coscienti delle dispersioni del carbone avvenute sia dal carbonile della grandezza di 125mila metri quadri, sia dai 12 chilometri di nastro trasportatore.  

Questo un po’ il mood di ciò che i due manager si scrivevano tramite mail e venuto a galla grazie all'inchiesta della Digos:

“Io lo manderei a fare in culo dal nostro avvocato”
“Lo abbiamo risarcito altre due volte ma adesso lo manderei a fare in culo…”
“La famiglia Cosenti è stata risarcita nel 2000 e nel 2005. In altre tre occasioni ha presentato richiesta senza essere risarcito… Condivido di mandarlo a fare in culo, anche se alla fine occorre risolvere il problema”
“Una soluzione potrebbe essere quella di acquistare o di iniziare a mostrare interessamento all’acquisto del terreno”
“Sono d’accordo nel sentirlo ma, essendo un rompicoglioni tipo Spedicato (un altro agricoltore, nda), bisogna evitare che diventi una piattola. Ciao”.

Nel frattempo i due dirigenti sono stati al loro posto, nei loro uffici, sulle loro poltrone fino al giorno della sentenza che li ha condannati a 9 mesi di reclusione. Assolti gli altri 11 imputati ma condannata Enel Produzione che insieme ai due dirigenti dovrà risarcire 58 contadini.

Una piccola vittoria ma un grosso passo in avanti. Un primo passo verso il riscatto del nostro territorio dopo anni di denunce. La conferma in primo grado dell’inquinamento dei campi, che oltre ad essere dei terreni privati sono anche un bene della comunità inteso come possibilità di lavoro e ricchezza di biodiversità del territorio. Un danno ai terreni privati ma anche un danno ad un ecosistema di cui la comunità e le associazioni ne sono custodi benché il Tribunale abbia deciso di escluderle dal risarcimento.
Un primo passo che è un bicchiere mezzo pieno perché l’impatto di Enel su questo territorio non può chiudersi con una condanna per imbrattamento. Il nostro territorio è vittima di un danno ambientale di proporzioni enormi e non solo alla luce dei gravissimi dati sanitari che abbiamo a disposizione.
Per questo la nostra battaglia non si ferma qui ma continua perché quell’impianto deve essere chiuso definitivamente e quell’area bonificata e riconsegnata alla collettività. L’era dei combustibili fossili è terminata, il vecchio modello industriale che abbiamo dovuto subire ha fallito, il teorema per cui la tutela del lavoro passa necessariamente dalla tutela della produzione industriale non è stato mai dimostrato anzi, è avvenuto proprio il contrario. A Brindisi si tutelano i colossi dell'energia e della chimica, si tutela la rete affaristica tra malapolitica e interessi finanziari delle grandi multinazionali, si tutelano i grandi capitali di Enel mentre la disoccupazione cresce a dismisura come cresce il fenomeno dell’emigrazione in cerca di lavoro, la corruzione e l’inaridimento fisico e culturale del territorio.

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