16 agosto 2013

SENTIERI KIDS, PREVENIRE I TUMORI INFANTILI NEI SITI CONTAMINATI

Sono almeno un milione i bambini e i ragazzi italiani che vivono nelle immediate vicinanze di un SIN, un Sito di Interesse Nazionale per le Bonifiche. Insomma, in un territorio inquinato che dovrebbe essere bonificato.
Questi bambini e questi ragazzi rischiano più degli altri bambini e ragazzi del resto d’Italia. Non moltissimo di più. Ma neppure pochissimo. In alcuni siti (a Massa Carrara, a Taranto, a Mantova) l’aumento del rischio è consistente. Questo è, almeno, quanto sostiene uno studio, La salute infantile nei siti inquinati italiani, (scarica quì) pubblicato di recente da alcuni epidemiologi (Ivano Iavarone, Giada Minelli, Roberta Pirastu, Pietro Comba) dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Università La Sapienza di Roma.
 

Partiamo da un dato: in Italia sono stati censiti e definiti SIN, siti di interesse nazionale per le bonifiche, 57 diverse aree. Sono aree molto inquinate, da contaminanti i più diversi (dall’amianto al mercurio, dall’arsenico ai composti organici persistenti o anche da un insieme di queste e altre sostanze). E sono aree anche molto estese: coprono il 3% del territorio nazionale (una superficie, per intenderci, maggiore di quella dell’Umbria). Sono distribuite un po’ in tutte le regioni italiane, a nord come a sud. Anche se le aree più estese sono in Sardegna e in Campania. Sono abitate complessivamente da 5,5 milioni di abitanti, di cui il 20% con età massima di 19 anni.
Il Progetto «Sentieri» dell’Istituto Superiore di Sanità ha indagato gli effetti sulla salute delle persone che vivono in prossimità di questi siti. In particolare ne ha preso in esame 44 su 57, trovando un aumento sia della mortalità sia delle morbilità per diverse cause.
Non esisteva, finora, uno studio specifico sui bambini e sui ragazzi. Uno studio necessario, perché, come è noto nella letteratura scientifica, bambini e ragazzi rispondono in maniera diversa dagli adulti all’esposizione a diversi inquinanti, come racconta in un suo recente libro, Biberon al piombo, (vedi quì) pubblicato da Maria Cristina Saccuman con l’editore Sironi. I motivi sono, in estrema sintesi, due. I bambini sono esposti agli inquinanti in maniera diversa dagli adulti anche in un medesimo ambiente. I bambini, per esempio, hanno una superficie esposta relativa maggiore degli adulti. Cosicché, sempre in termini relativi, assorbono più inquinanti atmosferici.
Inoltre il rapporto tra il peso e l’aria e il cibo assunti nel bambini è inferiore. Insomma, in termini relativi, i piccoli ispirano più aria e mangiano di più. Se l’aria e/o il cibo sono inquinati ecco che il rischio aumenta.
Infine i bambini hanno una fisiologia diversa da quella di un adulto e un corpo in rapida crescita. Sanno difendersi meno dagli inquinanti. Anche a parità di esposizione relativa, dunque, i bambini sono più a rischio.
Per questo l’Istituto Superiore di sanità ha in progetto di realizzare un «Sentieri Kids» (vedi quì), ovvero uno studio specifico e di lungo periodo centrato sui bambini e sui ragazzi. I quattro ricercatori hanno realizzato, per così dire, uno studio preliminare relativo alla sola mortalità e ad alcune malattie nella fascia d’età compresa tra 0 e 19 anni e per il periodo compreso tra il 1995 e il 2009 nei 44 siti già analizzati da «Sentieri». Con risultati significativi, ma non ancora definitivi.
Nei dintorni di questi siti abitano circa un milioni di bambini e ragazzi. Hanno infatti rilevato che la mortalità per tutte le cause – sì, insomma, la mortalità generale – è superiore del 4% alla media nazionale per i neonati fino a un anno. Mentre è del tutto in linea con la media nazionale nelle altre fasce di età. Inoltre, nella stessa fascia di età, la morbilità di origine perinatale è superiore del 5% rispetto alla media. Cifre significative, ma non allarmanti. Ha suscitato l’attenzione degli studiosi il fatto che la mortalità per tumori in queste aree, sempre nella fascia di età compresa tra 0 e 1 anno, è inferiore del 37% rispetto alla media nazionale. Un dato che forse risente dalla esiguità dell’universo indagato (i neonati che muoiono di tumore sono, per fortuna, pochissimi).
Tuttavia un’analisi dettagliata ha dimostrato che le condizioni cambiano, da sito a sito. Nei siti vicino ad ambienti industriali complessi, per esempio, la mortalità ha un picco. Nel SIN di Massa Carrara, per esempio, la mortalità per tutte le cause è del 25% più alta nella fascia di età 0-1 e addirittura del 48% nella fascia di età tra 0 e 14 anni. A Taranto è più alta del 21% nella fascia di età 0-1 e del 24% nella fascia 0-14. A Mantova è più alta del 63% nella fascia 0-1 e del 23% nella fascia di età 0-14.
Un aumento della mortalità infantile per tutte le cause, dimostra lo studio, si osserva anche a Biancavilla, Broni e Casale Monferrato, siti caratterizzati da inquinamento da amianto. Mentre nei siti con presenza diffusa di discariche illegali, come per esempio il Litorale Domizio Flegreo/Agro Aversano e l’Area Litorale Vesuviano, e il sito di Priolo, con complesse attività industriali, si registra una riduzione significativa sia della mortalità per tutte le cause in tutte le fasce di età. Anche questi sono dati da spiegare, con un approfondimento dell’analisi.
Basterebbero tuttavia questi dati per dirci che i 57 SIN vanno bonificati. Al più presto. Come, d’altra parte, chiedono l’Organizzazione Mondiale di Sanità e l’Unione Europea. Per tre ragioni, che possiamo ordinare anche su una base gerarchica. La prima delle quali ha un valore assoluto: la salvezza di vite umane. Di vite umane giovani e giovanissime.
La seconda ragione è di tipo ecologico. In quello che Antonio Stoppani definiva il Bel Paese, dobbiamo riacquistare la piena disponibilità del 3% del territorio. Le aree inquinate sono anche, in genere, aree degradate, spesso controllate dalla criminalità organizzata. Riqualificarle è un modo efficace di lottare contro l’illegalità.
La terza ragione è di natura economica. La bonifica dei siti inquinati conviene. Due anni fa due ricercatori del CNR, Fabrizio Bianchi e Liliana Cori, dell’Unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica, e da due ricercatori, del Department of Health Research Services che fa capo alla London School of Hygiene and Tropical Medicine, in Inghilterra, Carla Guerriero e John Cairns, fecero due conti relativi alle aree industriali inquinate di Augusta-Priolo e di Gela, in Sicilia, in un articolo pubblicato su Environmental Health. La bonifica integrale di quei siti potrebbe evitare: la morte prematura di 47 persone in media ogni anno, il ricovero ospedaliero di 281 ammalati di cancro e il ricovero ospedaliero di 2.702 persone per tutte le cause. In venti anni avrebbero salva la vita 1.000 persone; eviterebbero di ammalarsi di cancro oltre 5.500 persone ed eviterebbero di ammalarsi 55.000 persone. Un bilancio sanitario estremamente positivo. Che si tradurrebbe in un guadagno economico piuttosto cospicuo. Perché, con un investimento oggi di 900 milioni, si potrebbero risparmiare oltre 11 miliardi di euro (3,6 miliardi a Priolo e 6,6 miliardi a Gela) nel corso di 30 anni.
Ma a queste cifre si potrebbero aggiungere, con una buona politica, dei guadagni netti. La riqualificazione di un territorio inquinato – come dimostra la Ruhr, di cui abbiamo parlato nella precedente puntata – può diventare la leva per un nuovo tipo di sviluppo che integra formazione, turismo e industria creativa a basso impatto ambientale. Ancora, un territorio più sostenibile sul piano ecologico, lo è anche sul piano sociale. E un territorio a misura di bambino, da ogni punto di vista, lo è ancora di più. La bonifica è un potente fattore di integrazione sociale. In definitiva un grande piano di bonifica dei 57 Siti di Interesse Nazionale consentirebbe di acquisire una conoscenza tecnica tale da poter essere esportata in giro per il mondo. Basti pensare che nella sola Unione Europea i siti inquinati da bonificare sono 250.000. Che i bambini e gli adulti esposti sono decine di milioni. Che il lavoro da fare, dunque, è tanto. E che l’Europa ha molte più risorse dell’Italia a disposizione per realizzarlo.

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